Vorrei
Vorrei non essere nervosa
Stare bene con le persone che amo
Un uomo da amare e che si faccia amare
Vorrei avere una casa
E che abbia tanta luce
E tappeti fatti a telaio
Vorrei stare bene anche in inverno
Non sentire freddo
E che le sigarette non facessero male
Vorrei non preoccuparmi di mangiare
Vorrei dei bambini, almeno uno
E dopo qualche anno un altro
Vorrei essere una buona madre
E dar loro un buon padre
Vorrei un giardino, anzi un boschetto, con tanti alberi per poter respirare
Vorrei essere bella sempre
Anche quando sarò vecchia
Vorrei non piangere mai, non piangere più
Vorrei buttare via il telefono
Vorrei che il mondo tornasse indietro di qualche anno,
Quando gli abbracci avevano più calore e le merende più sapore.
Foto: Pixabay, Free-Photos
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Tentazioni da rientro
I negozi sono già pieni di dolcevita, giacche e cappotti e, anche se la temperatura è pienamente estiva, mi viene voglia di fare rifornimento di maglioncini colorati. Questo è il periodo dell'anno in cui è ancora talmente caldo che ti sembra impossibile che l'inverno sarà così freddo e ti illudi di nuovo che un lupetto col collo alto ma che lascia scoperto l'ombelico sarà sufficiente a riscaldarti quando fuori c'è la neve (del resto non è così nei film?).
Restando in tema di tentazioni fuori stagione, pochi giorni dopo il mio rientro in città, stavo facendo un giro in centro. Ho imboccato un vicolo stretto, dove per far posto alle macchine che, in virtù di qualche strana legge municipale circolano anche lì, mi sono dovuta appiattire contro un muro e procedere a mò di granchio in posizione verticale. E chi vedo spuntare, appiattito contro lo stesso muro ma in direzione opposta, cioè venire verso di me? Piergiorgio, il mio ex fidanzato. Quello che ho deciso di mollare per l'ennesima volta proprio prima di partire per le vacanze Quello che, ho giurato a me stessa, non può essere definito l'uomo per me. Ci siamo ritrovati praticamente a sbattere contro.
Appena mi ha vista, il suo sguardo ha viaggiato sull'intera mia lunghezza (che, vabbè, è molto relativa). E il suo primo commento è stato proprio sul mio vestiario:
"Ti stai trasformando! Cos'è, hai rivoluzionato il tuo guardaroba?".
Abbiamo parlato per un'ora intera in quel vicolo, ancora schiacciati contro il muro, incuranti delle macchine che passavano, e quando mi ha chiesto di uscire di nuovo è stato come se, in fondo, me l'aspettassi.
Siamo usciti la sera stessa (in barba alle Regole, in particolare alla regola del preavviso di tre-quattro giorni), e il giorno dopo e quello dopo ancora.
Il problema di frequentare di nuovo Pietro è che la sua presenza mi attira e mi inquieta al tempo stesso. Il solito, antico circolo vizioso. Così, sono uscita allo scoperto:
"Senti, io voglio prendermi quella distanza che non sono mai riuscita a prendere con te. Vorrei che ricominciassimo da capo, come amici. Sì, lo so che suona un po' ridicolo. Diciamo come due che escono insieme per le prime volte, con la differenza che noi ci conosciamo già. Come i nostri problemi, ad esempio: entrambi li conosciamo bene. Però, al tempo stesso, ci sono anche tante cose che non conosciamo l'uno dell'altro, e forse è ora di esplorare quelle".
Potevo vedere la titubanza mentre guidava accanto a me, l'espressione di chi sta ponderando le parole che gli sono appena state rivolte.
Ma, a onore del vero, abbiamo passato quattro giorni magici, con il gusto pieno di stare insieme e il collante della voglia di cercarsi.
Niente sesso, questo l'ho imposto io. Lui ha avuto grande rispetto di me e della mia decisione. E' stato molto dolce, in un modo che non gli avevo mai visto (forse prima non gliel'avevo mai permesso?).
Ho smesso di tenere la linea dura, di dimostrare la mia indipendenza da lui, di separare a tutti i costi le nostre vite. L'ho ascoltato ogni volta che parlava, mi sono abbandonata alla felicità di passare il tempo con lui, di dividere le piccole abitudini quotidiane. In qualche modo, sono stata la sua donna. Non gli ho nascosto debolezze e stati d'animo. Ed è andata a gonfie vele.
A questo punto mi chiedo, quando è che una storia è veramente finita? Avrei giurato che questa relazione fosse arrivata all'inderogabile parola 'fine', e invece eccoci qua, in questo strano ritrovamento. Potrebbe essere la volta buona, oppure no. Non è importante. Ciò che conta è il modo in cui, per la prima volta dopo tanti mesi, siamo riusciti a stare insieme. Ciò che conta sono le sensazioni, la felicità che ho provato nell'avere vicino un uomo, guardarlo e trovarlo così bello, lasciare che mi coccoli e si prenda cura di me, stargli vicino perchè lui lo desidera; rispettarlo e ascoltarlo. Da quanto tempo non mi succedeva!
Intanto io continuo a fare le mie cose, a lavorare, ad allenarmi.
Tra poco sarà inverno.
Foto: TwinkleArora1989, Pixabay
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Girl-power
Un'ondata di potere femminile dilaga
dentro di me; mi sento tanto Malefica della Bella Addormentata mentre dice con
un ghigno 'Che giornata memorabile'.
Oggi due tipi col
fisico da urlo mi fissavano continuamente e mi hanno salutato quando me ne sono
andata (uno in spiaggia e l'altro nel locale in cui ho passato la serata). Sono
al top.
Lo so che questa
non è la vera fonte del girl-power. Lo so che dovrei attingere la mia forza da
me stessa, dal mio profondo bacino culturale, dal fatto che sono in grado di sferrare una discreta serie di doppi calci laterali e non dalle sorgenti
di testosterone piacenti (e compiacenti) che mi gravitano attorno. Ma
diciamocelo: noi donne abbiamo, tra le altre, questa innata forma di potere che
si attiva solo con l’apprezzamento maschile. Prendete ad esempio quando ci
capita di sfilare di fronte al classico cantiere: i commenti dei muratori quasi
ci infastidiscono, soprattutto –ovviamente e a ragione- se sono volgari. Se
però, per disgrazia, al nostro passaggio non si leva un filo di voce, nemmeno
un ‘like’ vocale tipo ‘abbella’ o ‘complimenti’ o ‘oh, Giovà! Quarda questa’
sussurrato al collega, è molto, molto peggio. Un moto di delusione interna
risveglia paranoie sempre pronte all’agguato: cos’è questo silenzio? Sono
vestita male? Sono brutta? Sono grassa? Sono vecchia?
Io questa forma di
potere l’adoro e quando è dormiente da un po’ comincio ad indebolirmi. Ma
stasera sono veramente su di giri. Mi sento bene, in forma e carina. Sono
tranquilla, razionale, rilassata, obiettiva e calma. I cravings da cibo se ne sono andati, così come i brufoli.
Il punto è che non
importa se siamo brutte, grasse, vestite male o vecchie. Ciò che trapela
all’esterno - e che provoca l’amato/odiato fischio- è quando stiamo bene con
noi stesse. La fiducia che abbiamo in noi stesse si trasforma in sensualità
individuale. Magari non siamo Belen, ma siamo brave in qualcosa. Magari non
siamo una taglia 38, ma abbiamo due tette orgogliose che chissà in quante ce le
invidiano. O forse abbiamo occhi che trafiggono e un sorriso che arriva a
destinazione. E’ l’aura che vi circonda a rendervi sexy, perciò nutrite la
vostra aura con una buona dose di autostima!
Foto: claudiaschmidt2, Pixabay
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Il conforto dei carboidrati
Oggi ho decisamente bisogno di coccole. Quanto vorrei che me le facesse 'lui'.
E invece, l'unico conforto che ho trovato è nel cibo.
Ho mangiato da fare schifo.
Non credo di riuscire a fare un elenco esatto della roba che ho ingurgitato, ma più o meno è andata così:
3 croissant
1 brioche
1 yogurt con cereali (diciamo più correttamente, una montagna di cereali condite con lo yogurt)
1 succo di pompelmo (tanto per stare leggeri)
Latte e biscotti (quantità imprecisata di Abbracci, tanto per riempire il vuoto affettivo)
1 piatto di pasta
Pane (quanto basta per calmare le mascelle)
Insalata
1 salsiccia (non trascuriamo l'apporto proteico)
1 caffè
E sto aspettando di andare a cena.
Dio, mi vergogno da sola!
Ma ho scoperto che sola non sono: Women's Health ha pubblicato un articolo di Giselle Wainwright in cui si fa luce sul fatto che sempre più persone usano il cibo come 'rimedio', e non nel senso sano del termine, badate bene. L'abbuffata emotiva è un meccanismo di conforto per tentare di gestire emozioni che ci fanno male. Mangiamo per placare, per coprire, per non affrontare. Solo che quando la sensazione di conforto passa, le emozioni tornano, a volte più grandi, più potenti e armate, questa volta, dal senso di colpa. Perchè cedo sempre a questo meccanismo? Perchè non sono come gli altri, che magari, di fronte allo stress hanno meno appetito o soffrono di insonnia? Beh, c'è una notizia che può servire almeno a mitigare questo subdola, autolesionista e scarsa considerazione di noi stessi: le persone che tendono ad abbuffarsi per gestire le emozioni negative sarebbero geneticamente programmate per farlo. Una ricerca condotta dalla York University in Canada ha osservato una corrispondenza tra comportamento alimentare distorto e presenza di geni che lo incoraggiano. Nel nostro corpo ci due geni coinvolti nell'apprezzamento del cibo: il gene DRD2, responsabile del rilascio di dopamina, e il gene OPRM1, che contribuisce alla creazione di dipendenze a livello cerebrale. In pratica i ricercatori rivelano che, tra le persone che hanno partecipato al progetto, quelle che tendono a consolarsi attraverso l'ingurgitamento di calorie hanno maggiori ricettori per il gene OPRM1.
Questo serve forse a mettere a tacere quella fastidiosa voce che ci fa sentire così male il giorno dopo, ma nel trovare una soluzione al problema ci aiuta molto poco.
Come dire: a me non importa molto sapere se sono geneticamente programmata per farlo; io ho la certezza di essere emotivamente programmata per farlo. Niente mi dà quella consolazione sicura, veloce e pronta al'uso come il cibo.
Non esiste una cura materiale, ma esiste la possibilità di rallentare le mascelle e fermarsi a pensare: quali sono miei triggers? Le situazioni che contribuiscono in modo ricorrente a gettarmi in questo stato d'ansia? I momenti della giornata (o, perchè no, del mese) in cui perdo il controllo più facilmente?
Una volta imbarcati su questo lavoro di autoanalisi bisognerebbe poi 'sostituire' il cibo come mezzo di procura di emozioni positive con altri mezzi, più innocui e salutari. Leggere, fare una passeggiata, passare più tempo con gli amici. Alcuni ci riescono. Io non sono tra questi. Ogni volta che mi riprometto di non usare più il cibo come cuscinetto emotivo (con la conseguente eliminazione dei cuscinetti adiposi) so che quella appena compiuta non sarà l'ultima abbuffata.
Ma c'è una cosa di cui sono sicura: che se riusciamo a fermarci abbastanza in tempo per identificare i nostri triggers, dovremmo anche porci la domanda fondamentale: quale emozione cercando di coprire?
Guardiamole in faccia le nostre paure e i nostri dolori. Se le nutriamo a forza di patatine e cioccolata torneranno ancora più corposi di prima.
Foto: Pexels, Pixabay
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E invece, l'unico conforto che ho trovato è nel cibo.
Ho mangiato da fare schifo.
Non credo di riuscire a fare un elenco esatto della roba che ho ingurgitato, ma più o meno è andata così:
3 croissant
1 brioche
1 yogurt con cereali (diciamo più correttamente, una montagna di cereali condite con lo yogurt)
1 succo di pompelmo (tanto per stare leggeri)
Latte e biscotti (quantità imprecisata di Abbracci, tanto per riempire il vuoto affettivo)
1 piatto di pasta
Pane (quanto basta per calmare le mascelle)
Insalata
1 salsiccia (non trascuriamo l'apporto proteico)
1 caffè
E sto aspettando di andare a cena.
Dio, mi vergogno da sola!
Ma ho scoperto che sola non sono: Women's Health ha pubblicato un articolo di Giselle Wainwright in cui si fa luce sul fatto che sempre più persone usano il cibo come 'rimedio', e non nel senso sano del termine, badate bene. L'abbuffata emotiva è un meccanismo di conforto per tentare di gestire emozioni che ci fanno male. Mangiamo per placare, per coprire, per non affrontare. Solo che quando la sensazione di conforto passa, le emozioni tornano, a volte più grandi, più potenti e armate, questa volta, dal senso di colpa. Perchè cedo sempre a questo meccanismo? Perchè non sono come gli altri, che magari, di fronte allo stress hanno meno appetito o soffrono di insonnia? Beh, c'è una notizia che può servire almeno a mitigare questo subdola, autolesionista e scarsa considerazione di noi stessi: le persone che tendono ad abbuffarsi per gestire le emozioni negative sarebbero geneticamente programmate per farlo. Una ricerca condotta dalla York University in Canada ha osservato una corrispondenza tra comportamento alimentare distorto e presenza di geni che lo incoraggiano. Nel nostro corpo ci due geni coinvolti nell'apprezzamento del cibo: il gene DRD2, responsabile del rilascio di dopamina, e il gene OPRM1, che contribuisce alla creazione di dipendenze a livello cerebrale. In pratica i ricercatori rivelano che, tra le persone che hanno partecipato al progetto, quelle che tendono a consolarsi attraverso l'ingurgitamento di calorie hanno maggiori ricettori per il gene OPRM1.
Questo serve forse a mettere a tacere quella fastidiosa voce che ci fa sentire così male il giorno dopo, ma nel trovare una soluzione al problema ci aiuta molto poco.
Come dire: a me non importa molto sapere se sono geneticamente programmata per farlo; io ho la certezza di essere emotivamente programmata per farlo. Niente mi dà quella consolazione sicura, veloce e pronta al'uso come il cibo.
Non esiste una cura materiale, ma esiste la possibilità di rallentare le mascelle e fermarsi a pensare: quali sono miei triggers? Le situazioni che contribuiscono in modo ricorrente a gettarmi in questo stato d'ansia? I momenti della giornata (o, perchè no, del mese) in cui perdo il controllo più facilmente?
Una volta imbarcati su questo lavoro di autoanalisi bisognerebbe poi 'sostituire' il cibo come mezzo di procura di emozioni positive con altri mezzi, più innocui e salutari. Leggere, fare una passeggiata, passare più tempo con gli amici. Alcuni ci riescono. Io non sono tra questi. Ogni volta che mi riprometto di non usare più il cibo come cuscinetto emotivo (con la conseguente eliminazione dei cuscinetti adiposi) so che quella appena compiuta non sarà l'ultima abbuffata.
Ma c'è una cosa di cui sono sicura: che se riusciamo a fermarci abbastanza in tempo per identificare i nostri triggers, dovremmo anche porci la domanda fondamentale: quale emozione cercando di coprire?
Guardiamole in faccia le nostre paure e i nostri dolori. Se le nutriamo a forza di patatine e cioccolata torneranno ancora più corposi di prima.
Foto: Pexels, Pixabay
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Invidia e shopping
Qui in spiaggia è pieno di coppiette armate di uno o più pupi. Io, di nuovo single, mi sento una specie in via di estinzione. Vista la situazione, penso che la cosa più sensata sia venire in spiaggia al mattino prestissimo, quando ancora in giro ci sono solo pensionati in cerca di vongole, o al tramonto, quando sono ormai tutti a cena.
Mi ci vuole una buona mezzora di corsa e una sessione di shopping semi-compulsivo per calmarmi e giungere alla conclusione che ci saranno sempre mille motivi per essere gelosi di chiunque. Non importa che io sia single o sposata, ricca o povera, mangiauomini o timida. Visti col filtro dell'invidia, gli altri ci possono apparire più realizzati, più felici, più belli e fortunati, ma la realtà è che non sappiamo cosa succede nelle loro vite. Ognuno ha i propri drammi, le proprie debolezze e le storie tristi, magari non esibite, al contrario delle foto col mojito in spiaggia o coi mariti fighissimi. Nessuno è immune dal dolore, dall'insicurezza, dai rimpianti, i rimorsi, i lutti e le cose della vita su cui non abbiamo alcun potere. Chissà cosa non dice la foto del coktail ai tropici; magari che chi l'ha scattata ha una fifa blu perchè ha speso tutti i risparmi in quella vacanza ma sa che l'azienda per cui lavora sta per chiudere. Chissà quale problema affligge la coppia apparentemente perfetta: ne ho conosciuta una, qualche anno fa; bellissima lei, una di quelle che trasudano girl-power, con un taglio di capelli che ha sempre un senso; belllissimo lui, fisico da urlo, viso anche meglio, e pure gentile e cavaliere. Quando li vedevo uscire dal loro curatissimo cottage ed entrare nella cappottabile perennemente lucidata di fresco, dovevo trattenermi dalla tentazione di spiarli da dietro le tende e reprimere a forza l'istinto di morire di invidia cieca. Solo quando ho saputo che lui stava lottando contro il cancro ho avvertito tutta la mia pochezza e superficialità.
Stamattina presto, oltre ai pensionati col secchiello e il retino, c'era anche una ragazza col pancione. Il pancione sarà stato di sette o otto mesi e lei avrà avuto forse trent'anni.
Chissà se io avrò mai un bambino.
O magari due.
E soprattutto, chi sarà il padre?
Ho ventitrè anni; a quest'età potrei essere benissimo madre senza essere considerata precoce. Ma poi, il ricordo del mio passato atteggiamento superficiale interviene a suggerirmi che non solo sono ancora giovane per la maternità; non è nemmeno il momento giusto. Perchè? Vogliamo parlare di quanto è incasinata la mia vita affettiva?
Ci sono due uomini che occupano i miei pensieri:
1. Piergiorgio. Ex-boyfriend, ferita recente, rapporto mai decollato, litigi all'ordine del giorno con relativa rottura e riappacificazione. A volte ne sento la mancanza, mi prende quell'acuto desiderio di averlo vicino, perchè di fatto abbiamo condiviso momenti piacevoli (anche se, forse, non così intensi) e lui è alquanto bello. Ma un figlio con lui non lo farei mai. Troppo cinico. E poi è troppo diverso da me: ci troveremmo sicuramente in disaccordo in materia di educazione.
2. Uomo immaginario. Affascinante, cavaliere, intelligente e sensibile. Mi adora, mi trova bella perfino al mattino, mi ascolta quando parlo, a letto è un mago, padre perfetto, insomma la vita accanto a lui scorre che è una meraviglia. Possibilmente in carne ed ossa (evitare di ripiegare su bamboli gonfiabili, prodotti onirici o improbabili fantasie con attori hollywoodiani).
Ecco, appunto.
Be grateful for what you have: sii grato per ciò che hai. Chissà che non scopra che, per motivi che nemmeno immagini, non siano gli altri ad invidiare te.
Razionalità da hangover
4:00 AM
Uno dei misteri che non riesco a risolvere è come mai di sera il vino sembra il mio migliore amico, le ali su cui volare, il nettare che fa l'amore con le papille gustative ed esalta la degustazione del cibo; il tonico che mi apre la mente e mi rende acuta, mi spinge a parlare di politica e di spiritualismo, mi dona quella visione a 360 gradi grazie alla quale esco dalla percezione limitata ai cinque sensi e mi innalzo su una consapevolezza cosmica di ampio respiro; il ricostituente che mi fa fare pace con la mia vita e mi manda a letto contenta.
Salvo poi svegliarmi nel cuore della notte con la bocca secca, lo stomaco in fiamme e un mal di testa da post-lobotomia. E soprattutto, perchè mi alzo da cena convinta di averne bevuta una quantità trascurabile e adesso mi pare che qualcuno contro la mia volontà me ne abbia iniettato un paio di litri per endovena.
In attesa che passi la sbornia, sto pensando ad alcune situazioni che mi capitano spesso al lavoro, situazioni da cui vorrei imparare a tirarmi fuori nel modo più elegante possibile. Ora, non è che io sia una strafiga, ma faccio un lavoro che mi porta a contatto con tanta gente in un contesto ricreazionale e credo di essere mediamente attraente. Mi capita molto spesso che gli uomini mi chiedano di uscire.
Questo nella migliore delle ipotesi.
Accanto a quelli dai modi 'normali' esiste un'ampia categoria di uomini che si prendono una confidenza a cui, per qualche strano motivo, pensano di avere diritto e non ti chiedono di uscire, ma cominciano a farti domande e ad entrare nel personale mentre servi loro una birra o vengono alla cassa a pagare. Per loro, deve essere un modo per dimostrare attenzione o esplorare il terreno senza suonare irreparabilmente 'ufficiali' con la fatidica domanda 'ti va di prendere un caffè'. Per me, questo approccio equivale a un nome cancellato da una lista. Siccome con gli stessi clienti devo farci i conti più o meno tutti i giorni, credo di aver bisogno di una strategia che mi venga in soccorso ogni volta che ho la tentazione di mettere in pratica su un bersaglio umano le lezioni di kick-boxing che ho preso. Un repertorio di risposte adatte, che mi permetta di mantenere una distanza di sicurezza senza risultare scortese. Semplicemente e giustamente gelosa della mia privacy.
Situazione n.1:
"Scusa, ma tu sei fidanzata?" (domanda del burino di turno, come se esordire con la richiesta del tuo stato civile fosse un normale modo di intraprendere una conversazione)
Modello di risposta: "Devi scusarmi, ma in genere non parlo volentieri di queste cose".
(Ovviamente se il burino ha una somiglianza tutt'altro che vaga con Raoul Bova, Patrick Dempsey, Matt Damon, Paul Newman ai suoi tempi d'oro o Ryan Gosling, allora la risposta è 'Assolutamente no')
Situazione n. 2
"Perchè non mi fai vedere dove abiti?"
Modello di risposta: "Apprezzo l'interesse topografico ma mi vedo costretta a rifiutare"
(Come sopra, se l'invito viene da sosia di Hugh Jackman, Leonardo di Caprio ai tempi di Titanic, Ryan Reynolds o Orlando Bloom, disegna mappa su qualsiasi mezzo idoneo alla scrittura e consegna copia chiave)
Situazione n. 3
"Dovresti lasciarmi il tuo numero" (cioè: 'dovresti'; neanche 'forse potresti')
Modello di risposta: "Scusami, ma in genere non lo faccio mai"
(E io qui, per par condicio, includerei anche Jake Gyllenhall, Channing Tatum ed Eric Bana. Se poi si tratta di James Franco, allora il 'dovresti' è giustificato. In casi come questi, la risposta diventa "Perchè non mi lasci il tuo?". E se lui si rifiuta significa che il burino è già impegnato)
04:21 A.M.
Resta il fatto che ho mangiato e bevuto troppo. Forse dovrei fare un paio di giorni a base di anguria e melone.
04:23 A.M.
Il sonno non torna.
04:26 A.M.
Mal di testa
10:27 A.M.
Azz! Quanto è tardi!
Foto: KELLEPICS, Pixabay
I libri di Alice
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Bye drammi emotivi, benvenuta razionalità
Il vantaggio di emigrare su quello che io chiamo 'nuovo livello di gestione dell'altro sesso' (indotto dagli errori commessi nelle precedenti relazioni ma anche dallo studio delle Regole, vedi post precedente) è che le tue energie si concentrano su obiettivi definiti e pratici, piuttosto che venir scialacquate in piagnistei e tentativi di arti divinatorie dietro a un pò di testosterone.
Ad esempio, invece che sprecare tempo e risorse mentali a pensare alla fine della mia relazione, posso procedere a riordinare le stanze della mia 'dimora spirituale'. Questo mio piccolo esercizio mentale, in cui mi sto esercitando da qualche giorno, consiste in ciò che alcuni chiamerebbero 'training autogeno', altri 'terapia cognitiva'; per me significa soprattutto osservare le proprie reazioni -battito cardiaco accelerato, insorgere di una risposta ansiosa, sensazione di rilassamento, stato d'animo adrenalinico ecc- quando visualizzo e metto in ordine priorità, incombenze e situazioni che mi fanno stare bene o male.
Quando, ad esempio, visualizzo:
- l'assicurazione da pagare
- la rata della macchina
- la rata per l'installazione dell'impianto a metano sulla macchina
- gomme nuove della macchina e rimessa a punto dal meccanico,
ecco, a questo punto sento che, anche se correntemente mi trovo in posizione di yoga e ho gli occhi chiusi, mi prende come un senso di soffocamento in corrispondenza dello sterno. Mi chiedo se questa sia una possibile reazione fisica ad uno stato d'ansia. Probabilmente lo è (visto anche che il mio conto corrente è come il mio frigo: perennemente vuoto).
Nel momento in cui mi ripropongo l'acquisto di un nuovo telefono, così posso restituire a Piergiorgio (chi è Piergiorgio? Leggi qua e qua) quello che mi ha regalato lui, la sensazione di sopraffazione comincia a rarefarsi; mi sto di nuovo rimettendo in marcia, mi sto dando un obiettivo che viene a salvarmi dalla mia impotenza (data difficoltà di riempire conto corrente, proporzionalmente inversa a facilità con cui posso riempire frigo).
Se poi voglio affrancarmi dalla frustrazione sopraggiunta con l'arrivo nella casa al mare di alcuni familiari che nell'ottica karmica dovrei accogliere come una benedizione ma nel contesto prosaico della vita terrena sono dei gran rompiballe -sorella che idolatra Maria de Filippi e fratello che si ostina a produrre rumori funesti provenienti dalla Play Station-, allora mi visualizzo snella, tonica e con il six-pack.
Che poi mi riporta all'inizio, perchè siccome io il six-pack non ce l'avrò mai (gli addominali fanno male il giorno dopo e a me piacciono troppo gli aperitivi), nasce l'esigenza di avvalersi di un aiuto artificiale, tipo elettrostimolatore, che però costa quando una rata della macchina, ed eccola là, l'ansia, di nuovo.
E' un circolo vizioso, ma se ne può uscire. Basta fare pratica, lo so.
23:25
Piacevolissima serata in compagnia di Teo, che è venuto a trovarmi al mare. Teo è un amico che forse ha una remota, e comunque mai confessata, infatuazione per me. Tale infatuazione non è affatto corrisposta, ragion per cui esercitarmi nelle Regole con Teo mi riesce facilissimo. Il risultato è molto buono: buona la compagnia, buono il vino, buono il cibo e buona la conversazione.
E' normale che il vino mi stimoli a parlare di politica?
Boh...adesso, comunque, ho sonno.
Buonanotte
Foto: Concord90, Pixabay
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E' finita? Vai in vacanza (e studiati 'Le Regole')
Data in cui dovrei essere in vacanza con Piergiorgio, 10:39
Perfetto. Ho perso il cellulare, mi si è rotto il reggiseno con gli spallini trasparenti e mi sono pure beccata un morso da quell' ammasso di peli cenciosi che è il cane del vicino. Forse è meglio che mi chiuda in casa? Ma no, non la darò vinta alla superstizione: sto per partire per la mia vacanza 'emancipata'.
18:45
Finalmente al mare. Spiaggia ormai semideserta, silenzio attorno interrotto solo dalle onde lievi, e il sole che muore. Sono in ferie, evviva! Adesso ho qualcosa come sette/otto giorni per rimettere insieme i pezzi, potenziare al massimo la mia autostima, decidere cosa fare con il resto delle mie ferie e, soprattutto, qualsiasi cosa decida di fare, o in qualsiasi posto mi troverò, quale spirito avere.
Per fortuna, lo so già: lo spirito di una 'ragazza-regole'.
Mi sono imbattuta in questa rivelazione di libro firmato Ellen Fein e Sherrie Schneider, che è forse ormai un pò datato ma sempre efficace: Le Regole.
Proprio in virtù delle Regole, sono di nuovo in gioco. Focalizzerò obiettivi e possibilità; canalizzerò l'energia; mi tranquillizzerò, anzi, farò di più: me ne fregherò altamente.
Come devo comportarmi con l'unico marchingegno che ha il potere di farmi desistere dai miei propositi, ossia il telefono? Dovrei forse adottare una soluzione drastica e spegnerlo, evitando le tentazioni? O un approccio più morbido, affrontando eventuali messaggi e chiamate (o l'assenza di essi) a viso aperto?
Ok. Lo lascerò acceso ma sul comodino, mentre io uscirò in bici a bruciare un pò di calorie.
Vai, sono una forza.
L'uomo che avevo vicino era troppo diverso da me, adesso lo so.
Vai, Vai! Ci sono tante cose là fuori che ti aspettano! Devi solo andare!
Adesso vado.
19:00
Per adesso credo che resterò ancora un pò a casa. E' che sto bene nella casetta al mare di famiglia, è semplice, quasi spartana, la mobilia è a dir poco rimediata e le stoviglie hanno quel fascino che o lo si ama o lo si odia -quello degli anni Settanta. Ma a me piace la mia tazza di ceramica marrone con il manico leggermente arriciato, che mi ricorda la scrittura in corsivo delle elementari. E' una delle prime cose che faccio quando arrivo qui, metto su il caffè e cerco la mia tazza marrone.
Comunque: stavo parlando delle Regole, un illuminate testo che ti spiega come vanno presi gli uomini. Il libretto di istruzioni che non ci avevano mai dato. In sintesi, cosa che mi ha stupito non poco, tu devi solo pensare a vivere la tua vita, ad occuparti delle tue cose, ad indaffararti sui tuoi progetti e obiettivi. E' lui che deve affannarsi a cercarti, non il contrario. Non hai bisogno - e non è neppure consigliabile- di programmare la tua vita in vista della sua presenza.
Una ragazza-regole è sempre impegnata, indaffarata, perchè ha un sacco di interessi e di hobbies. Ha il lavoro, la carriera, la casa, la ginnastica, le letture, le amiche, lo shopping.
Le regole base per gestire la fase del corteggiamento sono:
1. Non telefonargli (quasi) mai
2. Concludi per prima le telefonate
3. Non attaccarci bottone e non invitarlo per prima
4. Non guardarlo troppo (tanto per capirci non vanno bene nè gli sguardi imploranti con la bava alla bocca nè le occhiate spregiudicate della mantide).
Quando poi ci cominci ad uscire, che tradotto in termini temporali significa i primi appuntamenti (meglio ancora i primi mesi, se siete ragazze-regole modello):
1. Non accettare gli inviti dall'oggi al domani, nè (figuriamoci) dall'oggi all'oggi. Se vuole uscire con te deve orgnizzarsi per tempo, perchè tu sei troppo impegnata per stare alle sue mosse. Esempio: se vuole uscire con te il sabato, il tempo limite per inoltrare la richiesta è il mercoledi. (Sembra una regola spietata, lo so, ma prendete il mio caso: sapete quanti fenomeni da pub mi invitano la sera per il giorno dopo e poi nemmeno si ricordano di averlo fatto perchè avevano al loro attivo quattro o cinque Tennent's Super?).
2. Al primo appuntamento non vederlo per più di due/quattro ore. Si aumenta gradualmente agli appuntamenti successivi. Lo stesso disorso vale per la frequenza: non più di una volta alla settimana.
3. Non andarci a letto troppo presto (ahi, ahi).
4. Non rivelargli le tue debolezze (vabbè, ma mica siamo così sceme, no?)
5. Non parlare troppo. Non aver paura dei momenti di silenzio (semmai sta a lui riempirli)
6. Soprattutto, mai e poi mai parlare di matrimonio e figli. Sono vietati pure i riferimenti indiretti all'amica che sta sposarsi o indiretti di livello 2 (l'amica dell'amica).
Ricorda (dicono Le Regole), agli uomini piacciono le sfide, perciò lui deve vederti come una difficile da raggiungere. Non spalancargli le porte della tua vita alla prima occasione. Se gli offri scorciatoie, addio.
Bene, ora non mi resta che esercitarmi nelle Regole e sperare che Mr Giusto arrivi al momento giusto (qualche mese fa sono uscita con uno che si chiamava Giusto di nome, vuoi vedere che...no, macchè. Era un salame).
Foto: Marisa04, Pixabay
"Me ne farò una ragione"?!
Ore 10:20
Dormito poco.
Normale, del resto: quando si interrompe una relazione, ci si trova immediatamente disorientati di fronte al cambiamento di tante piccole abitudini. O alla loro assenza. Non è solo l'amore a finire, ma anche tanti risvolti pratici, ad esempio se di solito contavate sull'altra persona per un passaggio, o se eravate abituati a fare colazioni insieme o se il lunedi sera era appuntamento fisso al cinema. All'improvviso, quell'abitudine che ci faceva stare bene, che ci recava gioia o ci faceva sentire sicuri non c'è più. Al suo posto, una sensazione fastidiosamente destabilizzante, al punto che cominciamo a chiederci -sebbene dentro di noi sappiamo già la risposta- se abbiamo fatto bene a mettere in discussione, e poi a porre un fine, alla relazione. Come me adesso: l'ho affrontato, gli ho parlato, gli ho comunicato la mia decisione correlata da razionali motivazioni, salvo poi cominciare a rodermi dentro e non so nemmeno bene il perchè. Ma non cederò: resterò fedele al mio istinto, seguirò ciò che penso sia giusto per me. Quindi, avanti con la positività, l'allegria, la produttività. Diventerò l'officina di me stessa. Sarà tutta una festa.
14:30
Che tempo di cacca
16:30
Sono a terra. A pezzi. Depressa è a dir poco. Mi manca. E' inutile.
17:30
Non sono convinta di aver fatto la scelta giusta
17:32
Adesso gli mando un messaggio
17:33
No, sarei una stronza: prima gli dico che non sono pronta per una relazione, poi lo provoco? No.
Smetti di girare intorno a quel telefono, Rebecca.
17:34
Vabbè, provo solo a comporlo, lo memorizzerò soltanto. "Sto malissimo, mi manchi da morire. Non pretendo che mi risponda...".
No, così è scontato che voglio che mi risponda.
"...non voglio che mi risponda".
Così però sembra che non voglia che si faccia vivo. Beh, forse sarebbe meglio, no?
"...non voglio che mi risponda. Voglio solo che lo sappia".
Sì, ma così sembra che è colpa sua!
17:45
"Ti penso cento volte al minuto. Mi manchi. Starti lontano è difficile e doloroso.Non so se sbaglio a scrivere, ma è una tortura continua. Un nodo alla g".
Finito lo spazio disponibile.
Glielo invio? Penserà che sono una volubile? E che differenza farebbe?
17:46
Inviato
17:47
Non chiama
17:48
Non risponde
17:49
Forse non l'ha letto
17:50
Ho anche attivato al funzione di consegna avvenuta, ma forse non funziona. Questo telefono è un cesso
18:30
Oddio! Lampeggia! Messaggio!
"Non hai fatto male a scrivere, è giusto che faccia quello che senti (sto male anch'io). Me ne farò una ragione".
Una ragione? Come sarebbe a dire 'una ragione'?
Questo è davvero inaspettato. Dove sono i tentativi di riconquistarmi? Dove sono le preghiere di tornare con lui? E se si mette l'anima troppo in pace? E se, per la legge di compensazione, si consola con una strafiga bionda, alta 1.80, misure 90/60/90 che lui del resto può facilmente rimorchiare perchè è così bello?
19:30, al lavoro
Stavo pulendo la veranda del pub quando suona il clacson di una macchina. E' lui. Che fa, non si ferma? Forse fa il giro e ripassa. No, non ripassa. E io, che faccio? Ho voglia di chiamarlo. Solo per salutarlo. No, dai. Non posso.
Cribbio, ma dove è finita tutta la mia sicurezza, il bisogno di stare da sola, la faccia tosta, la voglia di spaccare il mondo con cui fino ad una settimana sostenevo l'assioma relazione = galera?
Dove sono le mie due ragioni fino a ieri inconfutabili, che
1. ho bisogno di stare sola
2. lui non è l'uomo per me?
Ho commesso un errore o devo solo abituarmi all'idea?
Ma...se invece...voglio dire, dove sta scritto che non è l'uomo per me?
Molto, molto confusa.
20:47
Oddio, eccolo.
Sta salutando una. Chi è?
Si sta mettendo a sedere con lei.
Sta bevendo con lei. Sta chiacchierando con lei.
Non che sia la strafiga che temevo anzi, è piuttosto ordinaria. Scialbetta, direi.
Ah! Ora lui si è alzato per andarsene e l'ha lasciata lì come una pera cotta. Ah!
Sì, ma così ci ha lasciato anche me, che speravo di avere l'occasione di scambiare due parole.
3:36 AM, a casa
Vorrei mandargli un messaggio, ma per fortuna non ho credito.
"Stasera al pub ho visto qualcuno molto speciale che mi ha fatto battere il cuore e mi ha lasciato una sensazione di gioia".
Che razza di imbecille sono.
Foto: Geralt, Piaxabay
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Dormito poco.
Normale, del resto: quando si interrompe una relazione, ci si trova immediatamente disorientati di fronte al cambiamento di tante piccole abitudini. O alla loro assenza. Non è solo l'amore a finire, ma anche tanti risvolti pratici, ad esempio se di solito contavate sull'altra persona per un passaggio, o se eravate abituati a fare colazioni insieme o se il lunedi sera era appuntamento fisso al cinema. All'improvviso, quell'abitudine che ci faceva stare bene, che ci recava gioia o ci faceva sentire sicuri non c'è più. Al suo posto, una sensazione fastidiosamente destabilizzante, al punto che cominciamo a chiederci -sebbene dentro di noi sappiamo già la risposta- se abbiamo fatto bene a mettere in discussione, e poi a porre un fine, alla relazione. Come me adesso: l'ho affrontato, gli ho parlato, gli ho comunicato la mia decisione correlata da razionali motivazioni, salvo poi cominciare a rodermi dentro e non so nemmeno bene il perchè. Ma non cederò: resterò fedele al mio istinto, seguirò ciò che penso sia giusto per me. Quindi, avanti con la positività, l'allegria, la produttività. Diventerò l'officina di me stessa. Sarà tutta una festa.
14:30
Che tempo di cacca
16:30
Sono a terra. A pezzi. Depressa è a dir poco. Mi manca. E' inutile.
17:30
Non sono convinta di aver fatto la scelta giusta
17:32
Adesso gli mando un messaggio
17:33
No, sarei una stronza: prima gli dico che non sono pronta per una relazione, poi lo provoco? No.
Smetti di girare intorno a quel telefono, Rebecca.
17:34
Vabbè, provo solo a comporlo, lo memorizzerò soltanto. "Sto malissimo, mi manchi da morire. Non pretendo che mi risponda...".
No, così è scontato che voglio che mi risponda.
"...non voglio che mi risponda".
Così però sembra che non voglia che si faccia vivo. Beh, forse sarebbe meglio, no?
"...non voglio che mi risponda. Voglio solo che lo sappia".
Sì, ma così sembra che è colpa sua!
17:45
"Ti penso cento volte al minuto. Mi manchi. Starti lontano è difficile e doloroso.Non so se sbaglio a scrivere, ma è una tortura continua. Un nodo alla g".
Finito lo spazio disponibile.
Glielo invio? Penserà che sono una volubile? E che differenza farebbe?
17:46
Inviato
17:47
Non chiama
17:48
Non risponde
17:49
Forse non l'ha letto
17:50
Ho anche attivato al funzione di consegna avvenuta, ma forse non funziona. Questo telefono è un cesso
18:30
Oddio! Lampeggia! Messaggio!
"Non hai fatto male a scrivere, è giusto che faccia quello che senti (sto male anch'io). Me ne farò una ragione".
Una ragione? Come sarebbe a dire 'una ragione'?
Questo è davvero inaspettato. Dove sono i tentativi di riconquistarmi? Dove sono le preghiere di tornare con lui? E se si mette l'anima troppo in pace? E se, per la legge di compensazione, si consola con una strafiga bionda, alta 1.80, misure 90/60/90 che lui del resto può facilmente rimorchiare perchè è così bello?
19:30, al lavoro
Stavo pulendo la veranda del pub quando suona il clacson di una macchina. E' lui. Che fa, non si ferma? Forse fa il giro e ripassa. No, non ripassa. E io, che faccio? Ho voglia di chiamarlo. Solo per salutarlo. No, dai. Non posso.
Cribbio, ma dove è finita tutta la mia sicurezza, il bisogno di stare da sola, la faccia tosta, la voglia di spaccare il mondo con cui fino ad una settimana sostenevo l'assioma relazione = galera?
Dove sono le mie due ragioni fino a ieri inconfutabili, che
1. ho bisogno di stare sola
2. lui non è l'uomo per me?
Ho commesso un errore o devo solo abituarmi all'idea?
Ma...se invece...voglio dire, dove sta scritto che non è l'uomo per me?
Molto, molto confusa.
20:47
Oddio, eccolo.
Sta salutando una. Chi è?
Si sta mettendo a sedere con lei.
Sta bevendo con lei. Sta chiacchierando con lei.
Non che sia la strafiga che temevo anzi, è piuttosto ordinaria. Scialbetta, direi.
Ah! Ora lui si è alzato per andarsene e l'ha lasciata lì come una pera cotta. Ah!
Sì, ma così ci ha lasciato anche me, che speravo di avere l'occasione di scambiare due parole.
3:36 AM, a casa
Vorrei mandargli un messaggio, ma per fortuna non ho credito.
"Stasera al pub ho visto qualcuno molto speciale che mi ha fatto battere il cuore e mi ha lasciato una sensazione di gioia".
Che razza di imbecille sono.
Foto: Geralt, Piaxabay
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Un nuovo ordine?
Al lavoro, ore 20:30
Ho smesso con Piergiorgio, il ragazzo con cui esco più o meno da tre mesi.
Per qualche ragione che sto ancora cercando di focalizzare, mi sento un verme.
Appena arrivata al lavoro mi sono precipitata al bagno in lacrime sotto gli occhi sgranati dei miei dipendenti. Sì perchè, per qualche strana legge della chimica ormonale, noi donne si soffre non solo quando si viene mollate, ma anche quando si molla. Mezz'ora accovacciata accanto al cesso a soffiarmi il naso, poi sono uscita e ho tenuto indosso gli occhiali da sole fino alle 21:30. I clienti mi guardavano come se fossi appena uscita dal confessionale del Grande Fratello. La proprietaria di un pub con gli occhiali da sole.
Ciò che proprio non aiuta è che i clienti di sempre, quelli che ci conoscono entrambi, continuano a chiederemi: "E Piergiorgio dov'è?", "Allora, questa vacanza a Napoli?".
Aiuto!
Ma so che è stata la cosa giusta.
(Oddio, ho fatto la cosa giusta?)
Sì, sì, ho fatto la cosa giusta.
Adesso mi aspetta una nuova, lunga vita da single, da donna consapevole, libera, indipendente e di un certo spessore culturale.
Di nuovo single. Basta con tutte quelle triviali distrazioni che deviano la rotta illuminata del mio karma, quali uomini, sesso, alcool e sigarette.
Sarò sola nel senso più elevato del termine, una donna sola interamente rapita dalle proprie passioni. letteralmente rapita, come in continua meditazione.
ELENCO DELLE ATTIVITA' A CUI INTENDO DEDICARMI IN FUTURO:
ATTIVITA' FISICA: per perseguire notevole chilometraggio giornaliero, buona capienza polmonare, incoraggiante tono muscolare, pelle così liscia da scivolarci sopra, buon rapporto col cibo, bando totale su tabacco
LETTURE: molto varie
VIAGGI: non appena potrò, a seconda della disponibilità economica. Qualche meta? Grecia, Formentera, Arizona, Francia e Irlanda (ospitata dalle famiglie di pescatori, come ho letto su 'Donna Yes')
MUSICA: da brava fanatica che sono
CINEMA: ogni lunedì sera
...e tutto ciò che avrò voglia di fare, il che significa non fare niente che vada contro la mia personalità e il mio istinto. Non intendo fare qualcosa solo perchè lo fanno gli altri. Non ho intenzione di perdere la mia identità di fronte a qualcun'altro, che sia un fidanzato o un amico. Ho una personalità coi contro-cosiddetti. Voglio sperimentare la mia forza, la mia energia, diventare una donna vera. E proprio per questo ho dovuto porre fine alla relazione con Piergiorgio, una relazione sbagliata, che mi dava alcuni momenti di calore e gioia, ma che mi succhiava una buona dose di energia. Energia che in questo momento voglio utilizzare per me.
Non c'è spazio adesso per l'amore.
Quando sarà il momento di avere vicino un uomo, voglio essere quella donna sicura di sè, consapevole e spaventosamente padrona della propria vita.
Ma adesso ci sono solo io. Non sono egoista. Sono egocentrica. E soprattutto, decisa.
Ok. Adesso pensiamo alle cose imminenti: quello che farò domani.
Mi sveglierò alle 10:30. No, alle 11:00.
Farò colazione in giardino. O in cucina.
Mmm. Non ho le idee molto chiare.
Forse andrò alle poste a pagare la rata della macchina.
O a fare la spesa.
O a correre? No, troppo stress di prima mattina.
Lo so che non c'entra niente, ma adesso che ci penso mi sono dimenticata di comprare le crostatine al mirtillo e i tampax. Pazienza.
2:00 A.M.
Uffa, vorrei già essere a casa ma gli ultimi clienti non se ne vogliono andare.
Oddio, la canzone che mi ricorda Piergiorgio. Chissà se domani lo vedrò.
Prima di andare a letto devo mettermi lo smalto. Ma di che colore?
2:45 A.M, a casa
Sono troppo stanca per mettermi lo smalto. E ho anche un pò di fame. mangerò delle zucchine in un panino da hot-dog.
4:00 A.M, a letto
Sto pensando a Piergiorgio. Mi manca.
4:01 A.M.
Gli voglio bene.
4:02 A.M.
E' molto bello. Davvero attraente.
4:03 A.M.
Chissà quante donne saranno contente quando si spargerà la voce che ci siamo lasciati. Grrr.
Foto: leninscape, Pixabay
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